INTERVENTI
Un interventodiMarioBenedetto
SOMMARIO
RIFLESSIONI, POLEMICHE, PROPOSTE DI ARTE
CONTEMPORANEA
16 febbraio 2014 QUALCOSA NON FUNZIONA Non
basta la creatività, ci vuole anche coscienza criticaRestando nel tema proposto
da Seveso per questo numero, e senza evocare le gesta di quella spudorata
oligarchia finanziaria che monopolizza/inquina le menti e il mercato globale
dell’arte coi “prodotti tossici” dei soliti nomi di cui già tante volte abbiamo
discusso (basterà citare, uno per tutti, il paragone delle opere di Damien
Hirst ai sub-prime dell’arte mondiale fatto da Julian Spalding con un articolo
sull’Independent in occasione della grande retrospettiva dell’artista di
Bristol), vorrei analizzare il fenomeno in generale. Anche se un conto è
l’arte, un'altra cosa è il mercato, e un’altra ancora è la società, ma tutto è
interconnesso. Il problema è che siamo maledettamente bloccati in un paese che
ha smarrito e umiliato la propria monumentale ricchezza che è la cultura.
Cultura che non riesce a farsi rispettare e valorizzare (poiché sono sempre
quelli del “nuovo mondo” a imporci l’agenda, come già è avvenuto in settembre
2009) riuscendo a far entrare, come benessere immateriale, la creatività e l’innovazione
nei parametri del PIL che misurano la ricchezza di un paese.In quest’epoca
globalizzata, post-moderna, post-umana e post-tutto, siamo sommersi da continui
messaggi di ogni tipo e da immagini diffuse con sempre più sofisticati mezzi
tecnologici che non conoscono soste di evoluzione. Non ci si orienta più. Si
assiste ad una specie di esplosione di creatività in base alla quale chiunque,
sempre grazie a queste tecnologie, può produrre immagini a suo modo e maniera.
La moneta cattiva scaccia quella buona! Nel bene o nel male la tracimazione è
avvenuta. Siamo circondati, ma anche impreparati. Questo è il
punto! Hegel sosteneva che l’aumento quantitativo di un
fenomeno cambia anche la qualità stessa dell’oggetto in causa. Questa società
della velocità ama tempi brevi che non permettono approfondimenti, lascia
vedere quasi soltanto la superfice delle cose. Secondo la logica
dell’alternanza si aspetta un ritorno all’ordine anti-relativista. La cultura
ha bisogno di tempo e oggi il tempo è contratto e la cultura è insidiata e
mortificata. E’ diminuita la coscienza critica e si è imposta una creatività
sregolare ed autoreferenziale. Gli autori più abili a promuoversi sono riusciti
ad ottenere una canonizzazione ufficiale dal sistema. Chiunque, deresponsabilizzato,
può imporsi arrancando in questo mare aperto dove manca una seria “vigilanza”
sulla qualità. Termine alquanto ostico perché si basa su un “occhio” acquisito
attraverso anni e anni di frequentazioni e di pratica artistica, per cui
converrebbe parlare, meglio di significatività. E dunque che
succede? Come in alto mare: c’è chi galleggia e chi va a fondo. Per
chi non vuole cimentarsi con la faticosa costruzione di una solida base
accademica, il così detto Contemporaneo offre un accogliente rifugio a questa
pseudo creatività. Influiscono le tecniche e le strategie adoperate di chi
vuole stare a galla. E qui tocchiamo un punto debole: l’attuale sistema
dell’arte. La critica d’arte appare indebolita, vive nell’eterno dissidio tra
antagonismo e parità, piuttosto che assumere una veste di autorevolezza. Come
sostiene lo stesso James Elkins “c’e un’enorme produzione di critica d’arte, e
un’altrettanta enorme tendenza ad ignorarla”. Prevale molto spesso, come per
ogni altro settore, la sindrome del “Mollica, giornalista televisivo”, di tipo
promozionale, che punta alla creazione del consenso. In effetti sono molto
pochi quelli che sanno essere schietti e senza peli sulla lingua. C’è in corso,
infatti, un acceso dibattito sul valore della recensione negativa e le sue
“conseguenze nella vita reale” per il recensore ed il recensito. Molte
produzioni “artistiche” rappresentano una sfida alla concezione marxiana del
valore inteso come quantità di lavoro profuso nel bene economico-merce essendo
prive di qualsiasi abilità realizzativa. Che una tale opera, scambiata con del
denaro, acquisti lo status di opera d’arte è ingiurioso, e costiituisce una
vera e propria truffa alle persone. E se poi l’opera è contesa a suon di
milioni, fa notizia, ai giornali fa comodo e il cerchio si chiude. Non per
questo dovremmo gioire e omologarci a questo sistema. Se un individuo, un
artista, cerca onestamente se stesso, personalmente credo non possa venire
attratto dai falsi modelli proposti da una non-cultura al servizio di un potere
corrotto, incapace di avere una sana visione civile di progresso, prosperità e
giustizia. Alla fine sarà, il suo, un contributo di autentica libertà creativa,
anche perché l’obiettivo primario del suo lavoro non è diventato solo il
riconoscimento professionale, il successo personale...Occorre avere, sì, un
linguaggio legato al proprio tempo e in armonia con la propria natura,
esplorando e sviluppando una narrazione autonoma, ma senza scimmiottare,
riciclando qualcuno o qualcosa
Nessun commento:
Posta un commento